Marzo 2022, da pochi giorni la Russia ha inva- so l’Ucraina e l’intera Europa si è mobilitata per dare asilo ai rifugiati. Il Paese che si è distin- to per tempestività e generosità è stata la Polonia, lo stesso Paese che ha appena iniziato la costruzione del muro più costoso d’Europa per impedire l’entrata di altri rifugiati. Una striscia di terra che corre lungo tutto il confine bielorus- so, chiamata zona rossa, impedisce a chiunque di avvicinarsi e vedere la costruzione del Muro. Il percorso, un incerto e rischioso viaggio nel- la zona rossa dove l’accesso non è consentito ai media, inizia davanti a un muro e davanti a un altro muro finisce. Il primo respinge i migran- ti che arrivano da terre lontane attraversando il bosco più antico d’Europa. Il secondo, quello di fronte alla finestra di casa dei nonni a Lodz, dove la regista giocava da bambina, è il muro del cimitero ebraico del ghetto di Litzmannstadt. Cercando di riconciliarsi con il proprio passato, Kasia Smutniak torna a casa con una forte consapevolezza: l’accoglienza non deve fare distinzioni, chiunque sia in pericolo va soccorso, un continente che si definisce democratico non innalza muri.
Note di regia:
Quando siamo partite con Marella Bombini nel marzo ’22 per il confine polacco, la guerra in Ucraina era scoppiata da pochi giorni. La preoccupazione che percepivo intorno a noi era rivolta al confine ucraino, alla nostra sicurezza. Io, invece, sapevo che non sarebbe stata la guerra il mio ostacolo principale e le paure, tutte ed infinite, erano rivolte al con- fine a poche decine di chilometri a nord, la Bielorussia. In una zona dove l’accesso era vietato, le riprese impossibili e le conseguenze tutte da scoprire. Un luogo dove le regole della moralità sulla quale si basa la nostra intera esistenza erano saltate e purtroppo, a distanza di 2 anni, non è ancora cambiato nulla.