Misho, proprietario di una piccola impresa, guida il taxi la sera per arrotondare lo stipendio. Affannato tra la gestione della figlia adolescente e una cliente imprevista e insistente, scopre che la tangente che avrebbe dovuto pagare per ottenere un prestito è raddoppiata. Il consiglio etico che ha esaminato la sua denuncia per ricatto vuole la sua parte. Disperato e furioso davanti alle minacce del banchiere che cura la sua pratica, lo uccide e si suicida. Il dramma suscita un vivace dibattito nazionale sulla disperazione che regna nella società civile. Lungo le strade di Sofia, intanto, cinque tassisti e i loro passeggeri cercano una destinazione e un motivo per andare avanti.
I registi iraniani (Abbas Kiarostami, Jafar Panahi) hanno usato spesso l’idea del taxi, dentro cui i clienti si succedono rivelando le tare del paese.
Stephan Komandarev riprende l’espediente narrativo e lo amplifica fino al parossismo. Fino a dispiegare una nazione sull’orlo dell’implosione. Directions – Tutto in una notte a Sofia volge la suggestione orientale in furore slavo, dove chi conduce e chi è condotto condividono un istante di transizione critico. Un intervallo temporale in cui tutto o niente accade. Dentro i taxi che si inseguono e si incrociano al termine della notte, cliente e tassista si parlano o si confessano, qualche volta si tacciano e allora la radio arriva in soccorso.
Una melodia, una canzone, una voce, un commento conciliante o perentorio, accompagnano la partizione di piani sequenza fluidi che catturano storie, destini, destinazioni, regolamenti di conto. Tracciando con acutezza il volto della società bulgara, Stephan Komandarev si interroga sulla direzione presa dal mondo e dal suo paese. Tutto comincia con la morte di un banchiere, ucciso in pieno giorno, e il suicidio di un artigiano che non riesce più a sopportare la corruzione dilagante. Il dramma, ispirato a una storia vera, ha un impatto fortissimo sulla popolazione, voci anonime che reagiscono all’avvenimento via radio e orchestrano le corse notturne dei conducenti nella capitale bulgara. Corse che caricano disperati che hanno smesso di credere nello Stato, in Dio, nella provvidenza.
E il grido di rabbia di una prostituta adolescente o la contemplazione del suicidio di un professore di filosofia, testimoniano ferocemente l’afflizione in cui versa il popolo bulgaro che non ne può più di sopravvivere, che ha l’impressione che niente sia davvero cambiato dopo la caduta del comunismo. I membri influenti del partito di ieri sono i ricchi di oggi che dissertano di valori europei e giustificano il loro privilegiato esilio. Malgrado qualche eccesso, la vendetta di una donna che riconosce nel proprio passeggero il professore che le ha sabotato la carriera universitaria, Directions riflette efficacemente una società senza fede e senza legge, i cui membri si domandano perduti quando è cominciata l’indifferenza che adesso li abita. E un humour nero, sovente feroce, rende struggente e mesta la loro angoscia. Cliente dopo cliente, la macchina da presa cattura una coreografia umana, dove qualcuno tende la mano e qualcun altro picchia duro. Al di là delle scelte formali, perfettamente governate (camera a mano, riprese notturne, piano sequenza per ogni corsa), Directions rivela un coro di attori efficaci che restituiscono con sensibilità la varietà delle situazioni e la complessità dei sentimenti. Il dolore di un padre che può confessare soltanto a un cane la morte del proprio figlio o il rancore sfinito di un uomo, a cui stanno per trapiantare il cuore, davanti al silenzio di dio. “Un cuore nuovo che potrebbe salvare la Bulgaria”, replica con ironia una donna a un cardiochirurgo in partenza per la Germania e in transizione su un taxi che a Sofia funziona come sistema di assistenza sociale alternativa.