Gian Paolo Barbieri

Gian Paolo Barbieri

Gian Paolo Barbieri. L'uomo e la bellezza

di Emiliano Scatarzi

Anno: 2022

Paese: Italia

Durata: 75'

Gian Paolo Barbieri. L’uomo e la bellezza, film diretto da Emiliano Scatarzi, è un documentario sul fotografo Gian Paolo Barbieri. Il film racconta la sua vita sin dagli esordi della sua carriera, passando per Roma, tra gli studi di Cinecittà, fino a Parigi. Barbieri è stato un’icona culturale che ha calcato gli anni che vanno dai ’70 ai ’90, tanto da essere celebrato oggi come uno dei fotografi italiani maggiormente legati alla moda, al teatro e al cinema. La sua abilità nel creare immagini uniche, curate in ogni dettaglio e mai banali, gli ha permesso di fotografare i decenni più importanti della moda italiana.

Dries

Dries

di Reiner Holzemer

Anno: 2017

Paese: Germania

Durata: 93’

Celebre per la sua riservatezza, lo stilista Dries Van Noten apre le porte della sua elegante abitazione per farvi entrare la videocamera del regista Reiner Holzemer, che lo seguirà per un anno. Emergeranno così dettagli sulle sue innovative collezioni di moda, sul suo lavoro (dai primi schizzi fino alle passerelle) e sulla sua vita privata.

Machines

Machines

Machines

di Rahul Jain

Anno: 2016

Paese: India, Germania, Finlandia

Durata: 75'

Uno sguardo intimo che osserva i ritmi di vita e di lavoro in una gigantesca fabbrica tessile nella regione del Gujarat, in India. Muoversi attraverso i corridoi e le viscere dell’enorme struttura disorienta, coinvolgendo lo spettatore in un viaggio disumanizzante e di disagio intenso, per provocare una riflessione profonda sulle condizioni di lavoro pre-industriali persistenti nei paesi in via di sviluppo. Dal 1960 l’area di Sachin, in India occidentale, ha subito un’industrializzazione non regolamentata senza precedenti, esemplificata dalle numerose fabbriche tessili. Con un forte linguaggio visivo, le immagini memorabili e le interviste accuratamente selezionate, raccontano una storia di disuguaglianza e di oppressione, di esseri umani trattati come macchine.

Orry Kelly – Tutte le donne che ho (s)vestito

Orry Kelly – Tutte le donne che ho (s)vestito

Orry Kelly – Tutte le donne che ho (s)vestito

di Gillian Armstrong

Anno: 2015

Paese: Australia

Durata: 100'

Una celebrazione della vita e carriera di uno dei più grandi costumisti di Hollywood: Orry Kelly. Dopo essersi trasferito negli Stati Uniti d’America nel 1943, l’artista, nato in Australia, comincia ad occuparsi delle carriere di celebri attrici come Bette Davis, Marylin Monroe e Ingrid Bergman, vestendole con abiti sfarzosi ed eleganti allo stesso tempo.

Dior and I

Dior and I

di Frédéric Tcheng

Anno: 2014

Paese: Francia

Durata: 90’

Parigi, primavera 2012. Alla maison Dior s’insedia il nuovo direttore artistico Raf Simons, con un’esperienza (anche presso Jil Sander) per il pret à porter maschile. Il gruppo di 30 avenue Montaigne gli chiede di onorare la tradizione del marchio, dettata dal leggendario couturier (1905-1957) in soli 10 anni di attività, ma anche di innovarla. Con l’aiuto del braccio destro Pieter Muller, lo stilista – che non ha dimestichezza col francese e non disegna bozzetti – ha otto settimane per realizzare la nuova collezione haute couture. Dovrà comunicare con precisione le proprie idee allo staff, ottenerne la totale collaborazione, affrontare la stampa e sorprendere il pubblico con una sfilata all’altezza.
Montatore di commercial nel settore fashion, Frédéric Tcheng ha co-prodotto e partecipato a riprese e montaggio di Valentino: The Last Emperor di Matt Tyrnauer (2008) e ha co-diretto (con Lisa Immordino Vreeland e Bent-Jorgen Perlmutt) Diana Vreeland – L’imperatrice della moda (2011). In Dior and I isola un segmento preciso – la creazione di una collezione donna -, decidendo di non invadere la sfera intima di Dior e Simons e di non citare gli apporti dei predecessori di quest’ultimo (soprattutto John Galliano, allontanato con imbarazzo dalla maison). Tcheng accosta di continuo Dior e Simons, accomunati da riservatezza e antidivismo, riportando estratti in voce over dell’autobiografia del francese (Christian Dior & I) che mettono in soggezione il belga per le analogie. Il confronto ha anche i toni del giallo, perché si mette esplicitamente Simons nei panni di Lady De Winter di Rebecca, la prima moglie di Alfred Hitchcock: lo spirito incombente di Dior aleggia ovunque, dal ritratto alle foto ai lussuosi film d’archivio, uno dei quali è proiettato sui capi in una scena notturna resa ancora più inquieta dallo score per violoncello di Ha-yang Kim.
Il chiaro intento celebrativo nei confronti della casa che ha vestito da Wallis Simpson a Jennifer Lawrence è bilanciato dall’attenzione per lo staff: grazie a un accesso senza precedenti scopriamo la divisione tra atelier tailleur e atelier flou (tessuti pesanti e leggeri) e conosciamo le prime sarte Florence e Monique. La loro umanità orgogliosa ridimensiona la grandeur della dirigenza di un gigante del lusso e lo stress della pressione congiunta su di loro dei vertici e di Simons (irritato da un sorprendente intoppo che rivela un piccolo segreto della maison). Le “tele” dei sarti sono la controparte fiera e materica del processo d’ispirazione che prende corpo tra i piani alti e le gallerie d’arte moderna; ma i due livelli sono indispensabili l’uno all’altro.
Procedendo verso il climax – la sfilata, che ricalca la produzione di un film (entrambi processi per definizione collettivi) ma anche l’estemporaneità della performance teatrale – Dior and I coglie l’eccitazione del backstage e di uno spettacolo cui si lavora fino all’ultimo secondo utile. Seguendo un mondo che per semplificazione si definisce effimero, è profondo nel rintracciare e condividere con l’osservatore (l'”I” del titolo) la passione, la fatica e l’emozione connesse ad ogni creazione.